TARTUFO: SPECIE E CONSERVAZIONI

 

 

I tartufi sono dei prodotti gastronomici pregiati molto costosi, ma non tutti sanno che sono dei funghi particolari; a differenza, però, dei funghi epigei – cioè quelli che ad un certo punto della loro vita spuntano dal terreno – i tartufi sono ipogei –cioè vivono nel sottosuolo.

Dal punto di vista micologico, quelli che nel linguaggio corrente vengono chiamati tartufi sono solo i corpi fruttiferi di alcune specie di funghi superiori, simbionti delle radici di determinati alberi che si sviluppano a differente profondità del terreno.  Non tutti i funghi ipogei sono tartufi, ma solo quelli che hanno determinate caratteristiche del carpoforo; tra queste caratteristiche la più nota è quella dell’aroma acuto e penetrante.

Fra le principali specie di tartufo esistenti, nove sono quelle di cui è ammessa la raccolta e la commercializzazione, come stabilito dalla legge nazionale 752/85. Tra queste, due sono presenti sul nostro territorio:

 

Tuber Mesentericum, chiamato “tartufo nero ordinario”, tartufo di Bagnoli Irpino. Viene raccolto dal 1 settembre al 31 gennaio. Il periodo (parte esterna) è di colore nero e presenta verruche piccolissime e fitte. La gleba (parte interna) è di colore grigio-bruna, talvolta grigio-giallastra o marrone con venature bianche. Il profumo ricorda l'acido fenico ed il sapore è leggermente amarognolo.

 

 

Tuber Melanosporum, detto “tartufo nero pregiato”. Viene raccolto dal 15 novembre al 15 marzo. Il periodo si presenta come una superficie verrucosa nera, con piccole zone rossastre se il prodotto è maturo. La gleba è di colore nero-bruna con leggere venature biancastre. Il profumo è aromatico non troppo pungente, il sapore delicato.

 

Dopo numerosi studi verificatisi nel corso degli anni, si è arrivati a determinare la composizione chimica  del tartufo:

Proprio per la sua composizione, il tartufo va incontro ad alterazioni chimico-fisiche in un tempo più o meno breve, per cui è necessario conoscere i metodi di conservazione sia da un punto di vista commerciale che da un punto di vista scientifico. Oltre alla conservazione industriale, esiste la conservazione domestica, che sicuramente interesserà maggiormente i nostri lettori, la quale consiste in:

1.  Conservazione nella carta – senza essere lavati e puliti, i tartufi freschi vengono avvolti uno ad uno in carta porosa ed assorbente (carta paglia), dopo vengono posti in contenitori di vetro nel piano più basso del frigorifero perché è meno freddo; una volta al giorno va cambiata la carta inumidita con una asciutta. Così facendo si possono mantenere i tartufi freschi anche per due settimane;

2.  Conservazione nel riso – i tartufi freschi vengono incartati uno per uno ed immersi nel riso riposto in contenitori di vetro ermetici; si ripone il tutto in frigorifero e di tanto in tanto bisogna cambiare la carta intorno ai tartufi. Questo metodo consente di mantenere i tartufi in buone condizioni anche per tre settimane ed inoltre si trae il vantaggio che il riso acquista l’aroma del tartufo e quindi può essere utilizzato anche da solo come riso tartufato;

3.  Conservazione con le uova – si tratta sempre di conservare il tartufo avvolto in carta porosa in contenitori ermetici dove sono state poste delle uova. E’ importante che le uova siano più fresche possibile in modo che il guscio e la membrana abbiano un’elevata capacità assorbente.

4.  Surgelazione – i tartufi interi appena puliti dalla terra, vengono avvolti prima in carta porosa e poi in carta stagnola, vengono messi in contenitori ermetici di vetro e posti nel surgelatore dove si conservano per diversi mesi. Per ottenere un migliore rendimento è meglio che, al momento dell’utilizzo, vengano grattugiati prima che siano completamente scongelati, altrimenti diventano mollicci.

Negli ultimi anni l’Italia ha importato dalla Cina delle piantine tartufigene che producono un tartufo molto simile a quello presente sul nostro territorio, in particolare il Tuber Melanosporum, il quale è venduto allo stesso prezzo ma è di qualità nettamente scadente. Quindi attenzione alle frodi “Made in Cina”.

 

Patrizia Capuano

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(da Agorà n. 18 - Maggio 2009)